E allora buttiamoci!
Lo stomaco mi tremava e mi si contorceva quella mattina.
Tra poco avrei iniziato il corso di nuoto!
La piscina piena piena fino all’orlo in mezzo ai palazzi sembrava quasi una fondamenta rimasta vuota che il cielo con la sua pioggia e il suo azzurro aveva riempito.
E io presto mi ci sarei immersa e avrei imparato a muovermici.
Sarei stata come l’ombra, l’immagine riflessa delle rondini che volavano sopra di me.
Avrei anch’io imparato a planare come loro e a riprendere quota nell’acqua fresca, azzurra dell’azzurro del loro cielo.
Finalmente sarei stata come loro e come il delfino che però non avevo mai visto in mare, solo in TV.
Avrei anch’io prodotto schiuma e sbuffi e una scia come le navi dietro le quali loro nuotano.
Questa storia della scia mi sembrava incredibile e mi affascinava. Quante volte mi ero divertita col dito a rompere l’invisibile pellicola della pozzanghera, o del lavandino pieno, perfino del bicchiere e poi la mamma mi sgridava.
In mare non si poteva avere questa sensazione, anche quando è calmo, non sta mai fermo e tu non rompi niente.
Ma nell’acqua della piscina era diverso. Lei era lì immobile che mi aspettava, con la sua superficie a specchio, luccicante e abbagliante del riflesso del sole.
“Allora piccolina, sei pronta?” mi chiese l’istruttore.
Un minuto dopo ero già in acqua, rondine, delfino, dito nel bicchiere, felice.
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