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Posts Tagged ‘Jane Austen’

Ho iniziato a lavorare alla mia nuova rubrica per la radio, parlerò di amore romantico, si ispirerà a Jane Austen e ai suoi meravigliosi romanzi che tanto dicono sui rapporti e sui sentimenti e che, pur essendo stati scritti all’inizio del 1800, molto hanno da insegnare e molto hanno insegnato a me. Ho iniziato rileggendo l’introduzione di Orgoglio e pregiudizio, il romanzo più famoso della scrittrice inglese, che conosco si può dire a memoria.
“È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un’ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie. Per quanto poco si possa sapere circa i sentimenti o i punti di vista di un uomo del genere, al suo primo apparire nel vicinato, questa verità è così saldamente fissata nelle menti delle famiglie del circondario, da considerarlo di legittima proprietà di una o l’altra delle loro figlie.”
Cosa abbiamo qui? Un esempio tipico di quell’invadenza che, tanto facile per noi mamme, ci porta a voler decidere, convinte di saperlo meglio noi di loro, il futuro. il meglio per i nostri figli, la loro strada, già tracciata dalle nostre speranze, le nostre aspettative, magari i nostri bisogni non risolti o desideri non soddisfatti, certezze spesso pesanti come macigni.
Proprio l’opposto de “i vostri figli non sono i vostri figli, ma i figli della fame e della sete che ha in se stessa la vita”.
Le madri invadenti sono sempre esistite, ma cosa fa la Austen con questa frase, cosa imparare, cosa prendere da lei?
La sua arma imbattibile, l’ironia. Come autrice non si arrabbia, non si indigna, nè si ribella a questa logica. Semplicemente sorride di questa invadenza, sorride grazie alla sua capacità ampia di veduta, all’orizzonte più vasto da cui osserva, che non a tutti e tutte è data, specie quando si è genitori, cioè, si sa, terribilmente coinvolti. Eppure questo è il primo passo da fare per crescere, anche noi come mamme e genitori con noi stesse e noi stessi. Ma soprattutto per i figlie e le figlie. Imparare a saper vedere, a guardare ai propri genitori con tenerezza, saperli perdonare, accettarli con i loro limiti e andare oltre. Quando davanti ad un invasione di campo, che riguardi il modo in cui ti devi legare i capelli o chi devi frequentare, si risponde con l’ironia invece che con la rabbia significa che siamo cresciute e cresciuti, che si è imparato a non sentirsi calpestati, e soprattutto a riconoscere l’affetto che sta dietro l’invadenza. Singifica aver imparato a perdonare, aver accettato che la mamma e il babbo non sono come vorremmo, ma che a modo loro e con le loro risorse ci vogliono comunque bene. Solo così si può scegliere liberamente la propria strada, il proprio modo di essere, non per uniformarsi o al contrario, per antitesi per ribellarsi continuando a non scegliere. Per smettere di cercare o scappare dall’approvazione di quegli esseri formidabili e implacabili che siamo noi mamme l’unico sistema efficace è saper riconoscere l’affetto, grande o piccolo che sia, che sta dietro all’affanno, all’ansia, alla frustrazione, alle brontolature, ai musi, ai ricatti, alle liti. E farselo bastare.

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