Nel giardino dell’Imperatore anche quell’anno dodici piante di eucalipto ombreggiavano sopra i virgulti dei mandarini cinesi e dei nespoli del Giappone, messi lì per portare i loro frutti alla giusta maturazione.
La notte di luna nuova, al calar dell’ultima striscia sottile della regina bianca del cielo, illuminato da mille fiaccole l’Imperatore in persona accompagnato dall’intera corte si sarebbe recato per assaggiare e cogliere i frutti prelibati delle piante dorate maturate nel suo giardino. Isaia, con lui altri undici giardinieri, era stato incaricato della pianta all’angolo rosso scuro, ogni angolo dei tre quadrati che formavano l’orto imperiale veniva riconosciuto in base al colore delle anfore che cambiavano per ogni coppia di piante.
Ma quel giorno, l’ultimo prima della visita dell’Imperatore, Isaia era molto preoccupato. Il suo potatore, che doveva controllare la crescita armoniosa dei rami per far sì che i frutti risultassero lì proprio all’altezza della figura di Nostro Sovrano, per essere colti senza sforzo e ammirati i più lucidi e succulenti, il giovane Samia, aveva improvvisamente deciso di partire per le montagne, richiamato dal suo cuore in un altrove che doveva ancora trovare, ma che certo non era più lì, in quel giardino.
Così Isaia era rimasto solo e da solo aveva dovuto potare i suoi virgulti, controllare e scegliere le nespole e i mandarini più promettenti, recidere con decisione e determinazione quei rami che presentavano frutti troppo alti o troppo bassi.
Era stato doloroso prendere quelle decisioni in solitudine, mentre sentiva il parlottio degli altri giardinieri e potatori che insieme osservavano le piante: ognuno aveva la sua visione di quello che doveva venire fuori alla fine del lavoro, e parlando e approvando, trovavano alla fine la visione comune, in base alle diverse prospettive messe insieme, che accontentava tutti e due e poiché nata nella gioia e nell’armonia dava poi alle piante la forma più perfetta, quella dell’amore.
Ma lui, da solo, come avrebbe potuto trovare la forma perfetta per le sue piante, quale armonia e condivisione avrebbe potuto mettere nella visione, per creare la forma dell’amore più puro e profondo, da offrire poi alla vista dell’Imperatore?
Così se ne era rimasto per tutti i giorni da solo a lavorare, in silenzio, accompagnato dalle lacrime che mute gli scendevano fino ai piedi senza che gli altri se ne accorgessero.
Quella sera, Isaia era rimasto fino a tardi, a lucidare e accarezzare i frutti, a sistemare le foglie, e i rami nodosi che conosceva ormai uno per uno.
Contemplava tra le lacrime, quell’ultimo filo sottile di luna che lo sovrastava prima di scomparire per lasciare il campo libero alle fiaccole della corte imperiale, e che lo faceva sentire un po’ meno solo.
Guardava i suoi frutti, e provava tristezza per loro, più che per se stesso.
Improvvisamente una brezza leggera si sollevò, percepì una presenza dietro di lui e si voltò.
Una dama bianca, sottile, coperta di veli candidi gli sorrideva.
Poi fissò i frutti dei suoi virgulti
-Cosa sono?- chiese. -Sono i frutti per Sua Altezza Imperiale, Sole Della Nazione, Nostro Sovrano- rispose Isaia con aria triste.
-Oh!- sembrò stupita la dama bianca. -Posso averne uno?-
-Non sono destinati a noi- rispose Isaia, -sono nati per ricordarci che la vita può essere meravigliosa, che possiamo dare sempre il meglio di noi stessi e che questo è già il nostro premio. Poi forse qualcuno potrà essere anche apprezzato da Nostro Sovrano, perché la gioia e il riconoscimento sono il nutrimento che più sazia le nostre vite, che più ci rende maturi.-
-Oh! Posso allora guardarli?- chiese ancora la dama bianca.
-Certo- rispose Isaia, -ma non trarrai grande giovamento da questi piccoli miei, perchè non hanno avuto il meglio per crescere, che da solo ho dovuto portarli a maturazione…- e lo sguardo era basso mentre pronunciava queste parole.
-Oh!- di nuovo esclamò la dama bianca. -Così hai dovuto dare il meglio di te anche se non era tutto ciò che tu desideravi per loro. Hai offerto intero il tuo cuore anche se dentro portava un peso. Hai mosso le tue mani e i tuoi occhi per curare questi tuoi frutti sapendo che c’era altro che poteva essere fatto per loro.-
-Sì!- esclamò Isaia con foga – Ho fatto da solo, senza poter creare l’armonia e la gioia che crea la visone perfetta dell’amore e ora i miei frutti non saranno preziosi come gli altri! Ma cosa altro potevo fare?-
-Oh!- sembrò pensosa la dama bianca a questa domanda. -Hai accettato di soffrire, ma anche di gioire, di sentire e hai vissuto con loro. E’ così che hai creato l’armonia dentro di te, la tua visione di amore, tutto quello che hai, di cui sei capace. La meraviglia della tua vita.-
-Tu credi?- chiese illuminandosi per la prima volta dopo tanti giorni Isaia.
-Si, lo credo. Vorrei davvero assaggiare uno dei tuoi frutti.-
Isaia si voltò ad ammirare orgoglioso e felice i suoi virgulti.
Una brezza leggera accarezzò le foglie.
La dama bianca non c’era più e neanche la linea sottile luminosa nel cielo.
Da lontano si intravedeva il primo bagliore delle fiaccole.
Isaia era pronto.
Complimenti non soltanto per la tua capacità di usare le parole ma anche per il bel messaggio che contengono le tue strorie e questa in particolare.
Un saluto.