Ieri pomeriggio mentre preparavo il minestrone riflettevo.
Avevo guardato in tv con mia figlia uno di quei programmi dove viene presa una ragazza o una giovane donna e trasformata tramite gli abiti, il trucco e la pettinatura in una persona affascinante e seducente che viene poi nel finale di puntata accolta e acclamata dai propri amici e parenti. Alla mia dodicenne, molto interessata al “fashion”, questo programma piace molto.
Pensavo, dall’alto della mia piscologhitudine, che certo non basta cambiarsi il look per acquistare autostima, disinvoltura e sicurezza e che bisognerebbe vedere quelle stesse persone una settimana dopo la registrazione del programma.
Poi però, guardando le verdure che mettevo in pentola, ho pensato che in fondo siamo come il minestrone: siamo fluidi, fatti di tanti ingredienti mescolati insieme, siamo circolari, ogni elemento della nostra vita si può ripercuotere sugli altri in modi che è difficile prevedere e controllare.
Chi l’ha detto che sperimentare concretamente il porsi nei confronti degli altri in un ruolo nuovo e diverso, il non sentirsi se stesse eppure esserlo concretamente, non sia una grossa spinta verso il cambiamento?
Magari non quello che uno prevede, ma certo le cose non possono poi tornare uguali a prima, si va avanti.
E’ arrivata mia figlia in cucina e le ho espresso questa mia riflessione.
-Mamma, ma tu non sei normale- mi ha detto -guardi un programma così e ci devi fare tutto questo ragionamento!-
Non avevo pensato a questo aspetto, un altro elemento per conoscermi, una carotina da mettere nella mia pentola.
Poi si è messa anche lei a ragionare su autostima, qualità interiori ed esteriori, ha detto che ormai glielo avevo messo in testa anche a lei.
Si sa, siamo circolari, minestroni.
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