La vita cresce e si espande, spesso senza che ce ne accorgiamo. Il grande noce davanti alle nostre finestre, quello che io chiamo il nostro calendario, dopo i germogli sta mettendo ora le prime foglie e prima che i nostri occhi abituati lo guardino con attenzione sarà di nuovo pieno di foglie e non sembrerà neanche vero che sia stato per tutto l’inverno completamente spoglio.
“Io ti voglio tanto bene, tu mi vuoi tanto bene?”
“… Sì.”
In macchina, ascolto in silenzio, seduta davanti di fianco a mio marito, questo scambio tra la romantica sorella dodicenne che riesce finalmente a strappare questa dichiarazione al più riservato fratello di otto.
E dopo otto anni di fatica, anche, a volte di ripensamenti sul chi ce l’ha fatto fare che con una si stava già bene, dopo le infinite occasioni di arbitraggio tra i due irriducibili contendenti, dopo i sensi di colpa per sentirti pendere da una parte o dall’altra, per lui istintivamente, come sorella minore che ha subito e che ci si identifica, dopo le soluzioni trovate: punizioni ad entrambi, stimolare i lati positivi del loro rapporto, dopo la stanchezza di sentirsi sempre un oggetto da contendere, dove devi lasciargli condividere anche le gambe per tenerli in braccio, una per uno e meno male son due soli!, dopo il senso di sentirsi soffocare per l’assedio continuo, dopo il ricordo di aver allattato lui ogni volta con lei in braccio che arrivava sempre proprio in quel momento, e quello della triste paura di averla persa perchè dovevi occuparti di lui e improvvisamente lei era diventata la grande, dopo questi otto anni e nove mesi di vita da mamma di due figli, improvvisamente i rami si sono riempiti di foglie.
Mi si è aperto un cassettino nel cuore accanto a quello in cui sì, sai che i fratelli rappresentano la palestra per gestire i conflitti, imparare la condivisione, sopportare la gelosia e le frustrazioni, ma d’ora in poi saprai anche che almeno una volta se lo sono detto, hanno ammesso l’uno all’altra che essere fratelli può significare molto più di tutto questo, e loro, grazie a Dio, lo stanno imparando.
Dopo aver guardato il noce ho acceso il computer e ho letto questa notizia e dopo avevi raccontato la mia gioia per i miei figli, come mamma, come persona e cittadina italiana non posso ignorare, voglio condividere con voi anche il mio senso di impotenza e di vergogna e il dolore:
“Cure negate senza tessera sanitaria muore a 13 mesi bimba nigeriana
Rifiutata dall’ospedale perché le era scaduta la tessera sanitaria, una bambina nigeriana di 13 mesi muore poche ore dopo.
La notte del 3 marzo la piccola Rachel sta male, è preda di violenti attacchi di vomito. I genitori, spaventati, chiamano il 118. Arriva un’ambulanza che li trasporta al pronto soccorso dell’Uboldo di Cernusco sul Naviglio. Il medico di turno, in sei minuti, visita la paziente e la dimette prescrivendole tre farmaci. «Non l’ha nemmeno svestita», racconta la mamma. Sul referto medico si leggono poche parole: «Buone condizioni generali». Sono riportati anche gli orari di ingresso, 00.39, e di uscita, 00.45. Il quartetto, con loro c’è anche la figlia più grande, di due anni e mezzo, gira in cerca della farmacia di turno. Ma le medicine sono inutili e alle 2 di notte l’uomo torna al pronto soccorso. Vuole che qualcuno si occupi della figlia, che sta sempre più male. «Il personale ci risponde che “la bambina ha la tessera sanitaria scaduta, non possiamo visitarla ancora o ricoverarla”», denuncia il 40enne. «Un fatto di una gravità assoluta — sottolinea l’avvocato della famiglia, Marco Martinelli — . Dobbiamo capire se esistono delle direttive precise per casi come questo».
In mano Tommy Odiase ha un permesso di soggiorno da residente da rinnovare ogni sei mesi ma che scade in caso di disoccupazione. Il nigeriano, per ottenere il rinnovo della tessera sanitaria propria e delle figlie, doveva presentare una serie di documenti che ne attestassero la posizione, fra i quali la busta paga dell’ultimo mese. Licenziato solo sei settimane prima, la pratica si è trasformata in un incubo.
Davanti al rifiuto dei medici, l’ex operaio diventa una furia. Urla, vuole attenzione. Qualcuno dall’ospedale chiama i carabinieri per farlo allontanare. Forse dall’altra parte della cornetta ricordano che pochi giorni prima all’ospedale di Melzo, stessa Asl, era morto un bimbo albanese di un anno e mezzo rimandato a casa dal pronto soccorso. L’intervento dell’Arma risolve momentaneamente la situazione: Rachel viene ricoverata in pediatria. Sono le 3 di notte, «ma fino alle otto del mattino nessuno la visita e non le viene somministrata alcuna flebo, nonostante nostra figlia avesse fortissimi attacchi di dissenteria e non riuscisse più a bere nulla», raccontano i genitori. Nel tono della voce rabbia e dolore si mischiano. La sera del giorno dopo la situazione è critica, tanto che oltre alla flebo accanto al letto spunta un monitor per tenere sotto costante controllo il battito cardiaco. Alle cinque e mezza il cuore della bambina si ferma, dopo 30 minuti di manovre di rianimazione viene constatato il decesso.
I carabinieri acquisiscono le cartelle cliniche, gli Odiase presentano una denuncia per omicidio colposo a carico dei medici e dell’ospedale, la Procura di Milano apre un’inchiesta con la stessa accusa contro ignoti. Ora si attendono i risultati dell’autopsia, pronti per il 12 maggio.”( Da La Repubblica.it di oggi)
Lascia un commento