L’arte della fabbricazione della carta

Certe volte è buffo come provo dentro come una poltiglia, stati d’animo che si mescolano e un senso assoluto di mancanza di consistenza e non so dove mettere le mani, da dove iniziare. Così mi sento pensando alle mia carriera di psicologa colorata in questi giorni, scoraggiata, confusa, poltiglia.
Poi arrivano i figli, che hanno bisogno di te, i compiti, i racconti, i consigli, le regole da rispettare, le coccole. E tu non fingi, è che senti che sei anche quello, che per loro improvvisamente spunta una colonna di granito dentro di te che sostiene, comprende, tiene e contiene, e lo fai quasi senza pensarci. Poi loro se ne vanno a scuola o a dormire ed ecco che rispunta la poltiglia.
Magari funziona come con la fabbricazione della carta: è tutta questione di tempo, anzi di tempi. Quello in cui bisogna scomporsi e mescolarsi, quello in cui ci si asciuga, con pazienza, quasi impercettibilmente mentre le cose vanno avanti, per diventare così finalmente foglio bianco, liscio e compatto, pronto per accogliere ed esprimere un’altra pagina di vita.

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